Sono
i 106 giorni a Mauthausen inseriti, nel tempo reale e nel
racconto, fra le giornate del ragazzo Roncaglio nella Torino
antifascista del '44 - '45, il suo arresto insieme ai
condannati del Martinetto, il suo viaggio di deportato e il
ritorno a fine guerra in una Torino "diversa",
"stracciata". E un ricordo di compagni più
noti o più eroici, a chiusa del libro. Alessandro Roncaglio
scrive di "aver recuperato la penna" e ci
coinvolge nella sua vita con uno stile parlato, autentico,
vivo e assolutamente scevro da parole di odio o rancore.
Modi narrativi ed espressivi che convincono anche di un
linguaggio che non tien conto delle regole e di un frasario
a volte comune; e che mettono il lettore nella pienezza di
vicende e di fatti incalzanti: il cenno, alla soglia della
poesia, a infanzia e fanciullezza, le azioni di partigiano
sedicenne particolareggiate, i testi del processo, generici
ed ottusi, fatti per invincibilmente confondere, le
fucilazioni dei compagni, l'arrivare a Mauthausen. Qui,
senza mai indulgere allo squilibrio di un eccesso,
Alessandro Roncaglio descrive, a volte solo con un
drammatico scarno elencare, il campo sulle alture della città.
Libro-testimonianza che, insieme con il valore delle sue
pagine, impone la forte carica umana di Alessandro Roncaglio,
salda ed integra, rigorosissima nelle responsabilità
dell'essere uomini: "sentimmo la nostra dignità che
chiudeva con fierezza alla violenza la catena della vendetta"
"la nausea del delitto ci aveva sempre più
attaccato inspiegabilmente al senso di giustizia con cui
punire chi ha sbagliato, ma non ucciderlo" "Siamo
uomini e le regole si regolano e si rispettano tra uomini:
il resto è inciviltà".
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